In questo estratto, tratto dal libro “La periferia vi guarda con odio. Come nasce la fobia dei maranza” (Agenzia X, 2025), il giornalista Gabriel Seroussi sottolinea che la retorica contro i maranza nasce da due paure profonde dell’Italia: i giovani e le persone non bianche, proprio mentre le seconde generazioni iniziano a rivendicare spazio, visibilità e potere culturale, soprattutto attraverso la musica rap. Dietro lo stereotipo “maranza”, c’è una realtà viva, dinamica e in trasformazione.
I maranza, diventati ormai fenomeno mediatico nazionalpopolare, si trovano vittime di rappresentazioni imposte dall’alto. Infatti, se da una parte su TikTok prevale il racconto folcloristico dei maranza che attraverso l’ironia propone una versione macchiettistica ma benevola del fenomeno, dall’altra sui media si propaga una narrazione che demonizza e deumanizza questa figura.
La parte più conservatrice del paese si impegna in una criminalizzazione dei maranza, attraverso una retorica razzista e classista. L’esempio più calzante, in questo senso, è la trasmissione televisiva di Rete 4 Dritto e rovescio, diretta da Paolo Del Debbio.
Nella quinta stagione del talk, quella iniziata nell’autunno del 2023, il presentatore inizia a ospitare nel suo salotto giovani che si definiscono maranza.
In cerca di fama e attenzioni, queste persone si prestano a dibattiti umilianti e razzisti che hanno la sola finalità di alimentare le paure dei telespettatori di Rete 4.
Schiacciati tra un blocco dedicato all’“Islam che fa paura” e un’intervista al ministro dell’Interno Piantedosi sugli sbarchi irregolari, in una delle puntate autunnali sono presenti in studio due giovani italiani di origine marocchina e l’europarlamentare leghista Silvia Sardone.
Dopo che i due giovani dichiarano, su espressa domanda di Del Debbio, di sentirsi “più marocchini che italiani”, Sardone li attacca, tra i crescenti applausi del pubblico utilizzando questi toni:
Quando tu dici [riferendosi al conduttore n.d.r.] che dicono Allahu Akbar senza nemmeno saperne il significato, io temo che invece lo sappiano bene che cosa voglia dire. Io credo che abbiano in mente il guadagno facile. Se io non faccio i soldi facili allora è cattivo il paese che mi ospita, che mi dà la sanità gratuita, la scuola gratuita, che mi dà la casa se ne ho diritto, un lavoro regolare con tanto di contratto. Sommessamente io vi dico: se proprio voi vi trovate male qua anche se avete la cittadinanza italiana, tornate in Marocco! Le porte sono aperte a tornare indietro, non solo a venire qua!
(…) Sarebbe però riduttivo ricondurre tutta la narrazione mediatica sui maranza alla destra più conservatrice. La criminalizzazione e il razzismo di questa parte politica sono espliciti, senza false ipocrisie. Ci sono invece elementi di questa narrazione che sono trasversali nel dibattito pubblico.
Un paese vecchio a livello anagrafico e culturalmente conservatore come l’Italia fa tremendamente fatica a compiere, anche a sinistra, dei passi in avanti verso una rilettura in ottica decoloniale del proprio passato e del proprio presente.
Anche a sinistra si moltiplicano quindi narrazioni deumanizzanti e svilenti nei confronti delle comunità migranti e razzializzate, viste nella migliore delle ipotesi come forza lavoro da sfruttare.
(…) Si può quindi dire che la figura del maranza incarni due delle categorie sociali più temute dalla maggior parte degli italiani: i giovani e le persone non bianche.
Non è un caso che queste paure si siano palesate in maniera più netta negli ultimi anni, quando, per la prima volta in Italia, sono emersi i bisogni, gli interessi e le ambizioni delle cosiddette “seconde generazioni”.
Se prima erano poche le figure pubbliche italiane non bianche, oggi, soprattutto attraverso la musica, sono avvenuti i primi segnali di un processo di empowerment di comunità da sempre marginalizzate nel nostro paese.
Il successo trasversale del rap, per anni osteggiato dal sistema dell’intrattenimento italiano, sta producendo cambiamenti sociali e culturali significativi che una parte dell’Italia vede come pericolosi. Dietro alla parola maranza c’è quindi una realtà in movimento.
Estratto da Gabriel Seroussi, La periferia vi guarda con odio, Agenzia X, Milano 2025 [pp 38,39, 40]

