L’ambientalismo di destra è solo slogan senza programmi

 


Articolo tratto dal N. 46 di Letture per navigare il presente Immagine copertina della newsletter

 

Pubblichiamo qui di seguito un estratto tratto dal volume di Cecilia Biancalana e Riccardo Ladini, Emergenza lenta. La questione climatica in Italia tra politica, media e società, Fondazione Feltrinelli, Milano 2024.

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Qual è il motivo delle differenze tra partiti di aree ideologiche diverse sul tema del cambiamento climatico? Vi sono diverse prospettive teoriche che tentano di spiegarle. Ad esempio, alcuni sostengono che il motivo per cui la destra tende a negare, o comunque a sottostimare, il cambiamento climatico sia legata alla sua opposizione alle proposte di affrontare i problemi sociali creati dal capitalismo industriale, come appunto il cambiamento climatico. Il conservatorismo favorisce la libertà economica individuale, la proprietà privata e il libero mercato, opponendosi a un’azione forte dei governi per risolvere o mitigare gli effetti del riscaldamento globale.

Alcuni autori hanno inoltre analizzato l’affinità tra partiti populisti di destra e di estrema destra e il negazionismo climatico. Sappiamo che, in generale, i partiti populisti di destra manifestano posizioni ambigue nei confronti del cambiamento climatico e ostilità alle politiche ambientali ed energetiche tese alla riduzione delle emissioni. Al contrario, nel loro discorso tendono a enfatizzare l’ambiente in connessione con la natura, il paesaggio e il territorio, adottando un punto di vista essenzialmente “patrimoniale” sull’ambiente, che viene visto, in un’ottica nativista, come un patrimonio nazionale da preservare. Questo perché la dimensione nazionalista presente nell’ideologia populista fa sì che essi vedano l’ambiente come una “Terra Madre” da salvaguardare, che dovrebbe essere protetta da influenze sovranazionali[1]. Ad esempio, Spoon e Williams suggeriscono che per la destra populista la protezione dell’ambiente si inserisce in un’ideologia nativista di protezione della nazione e della popolazione autoctona che gli autori definiscono come “chauvinismo ambientale”. […]

(…) la coltivazione della terra, la pastorizia e l’allevamento sono il frutto secolare dell’amore per il territorio e del rispetto per i cicli della natura, volerli stravolgere in nome della frenetica volontà di disporre sempre e comunque di ogni prodotto, determina un generale impoverimento della qualità e delle specificità che fanno grande e inimitabile il nostro patrimonio, e che costituiscono l’elemento di prima e più immediata riconoscibilità internazionale del “made in Italy” (programma Fratelli d’Italia, 2013).

La tipica attenzione dei conservatori alla salvaguardia della natura è ben sintetizzata anche da questo estratto di un dibattito tra Letta e Meloni andato in onda sul sito del Corriere della Sera prima delle elezioni del 2022, in cui Meloni afferma che “non c’è nessuno che ami l’ambiente più di un conservatore perché l’obiettivo dei conservatori è prendere la terra dei padri e consegnarla alle generazioni future nella migliore condizione possibile”.

Va tuttavia segnalato come, mentre i partiti di centro e centro-sinistra dedicano scarsa attenzione verso la conservazione e alla protezione dell’ambiente, i partiti di sinistra ne dedicano una relativamente ampia parte dei loro programmi ambientali. Occorre di nuovo sottolineare come il tema ambientale sia decisamente più presente nei programmi di tali partiti rispetto che degli altri, soprattutto nell’ultima tornata elettorale. Per dare un’idea, circa il 10% del programma elettorale dei partiti di sinistra (Alleanza Verdi-Sinistra) era dedicato alla protezione dell’ambiente, mentre in nessuna delle quattro elezioni analizzate (2008-2022) questa parte superava il 3% del totale del programma della destra.

Nei programmi della destra è evidente l’assenza di riferimenti agli aspetti sociali della transizione ecologica, come temi legati ai beni comuni e alla giustizia sociale. Campo in cui, non sorprendentemente, la sinistra primeggia con una percentuale dei programmi dedicata a questo tema del 15% all’interno dei riferimenti all’ambiente.

Per quanto riguarda la categoria della mitigazione, che comprende la proposta di strategie per la riduzione delle emissioni attraverso iniziative come la mobilità sostenibile e la transizione energetica, il Movimento 5 Stelle assume un ruolo di primo piano. Ad esempio, nel 2013, il programma del Movimento approfondisce ampiamente la questione dell’energia e della mobilità sostenibile, affrontando direttamente la questione della riduzione delle emissioni. In tale occasione, addirittura il 31% del programma del Movimento 5 Stelle conteneva riferimenti che rientrano nella categoria della mitigazione. Nel 2018, uno degli obiettivi centrali del Movimento era “Uscita dal petrolio entro il 2050”. L’attenzione alla riduzione delle emissioni è presente anche nel 2022, specialmente in relazione all’efficienza degli edifici e ancora una volta, nel campo della mobilità, anche se il programma non menziona direttamente gli obiettivi di neutralità climatica.

Infine, il centro-sinistra e segnatamente il Partito democratico, coerentemente con la cultura politica dei partiti di sinistra italiani da cui deriva, tradizionalmente orientati alla crescita piuttosto che all’ambiente, si posiziona al primo posto nella categoria dedicata alla dimensione economica della transizione ecologica e dello sviluppo sostenibile (22% del totale dei riferimenti all’ambiente nei programmi). L’attenzione dell’area di sinistra per la dimensione sociale della transizione e dell’area di centro-sinistra per quella economica può rappresentare una sorta di divisione del lavoro all’interno del campo largo della sinistra, in cui i partiti più moderati, come il Partito democratico, puntano sugli aspetti economici della transizione, mentre quelli più radicali sui temi della giustizia sociale.


[1] Sul rapporto tra nazionalismo e cambiamento climatico si veda anche Conversi (2022).

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