Algeria, Francia, Italia.
L’Affaire Audin e la «guerre des éditeurs»


Articolo tratto dal N. 62 di Bolle e balle Immagine copertina della newsletter

L’arresto di Maurice Audin e la denuncia della tortura

Nella notte tra l’11 e il 12 giugno 1957, nei giorni più caldi della battaglia d’Algeri, Maurice Audin, giovane matematico e militante del Partito comunista algerino, è prelevato dalla sua abitazione e condotto alla periferia di Algeri, a El-Biar, in un immobile in costruzione “gestito” dai paras del generale Massu.

Ripetutamente interrogato, è sottoposto per giorni a terribili torture: percosse, scosse elettriche, ustioni, waterbording.

Le stesse che Henri Alleg, suo amico e compagno di partito, denuncerà di aver subito negli stessi giorni e nelle medesime stanze nel celebre volume La Question, pubblicato dalle Éditions de Minuit di Jérôme Lindon nel 1958 e subito tradotto in Italia da Einaudi con il titolo La tortura, accompagnato da uno scritto di Jean-Paul Sartre. 

È grazie alla tenacia della moglie di Audin che il caso fa breccia nel muro di omertà che circonda le violenze francesi in Algeria. Fin dal giorno successivo all’arresto, Josette Audin si mobilita per ottenere notizie del marito.

Solo il 1° luglio le viene comunicato che il 21 giugno, nel corso di un trasferimento, Maurice è riuscito a evadere ed è scomparso. Una versione a cui non crederà mai.

Dopo aver depositato una denuncia contro ignoti per omicidio volontario, indirizza decine di lettere a personalità politiche e accademiche, chiedendo verità e giustizia per suo marito e per le migliaia di algerini e algerine vittime della tortura.

L’Affaire Audin e la “guerra degli editori”

In poche settimane l’affaire Audin – espressione che fa esplicito riferimento all’affaire Dreyfus – guadagna l’attenzione dell’opinione pubblica, grazie alla nascita di un Comité e alla discussione in absentia della tesi di dottorato di Audin il 2 dicembre 1957 alla Sorbona alla presenza di un folto gruppo di sostenitori.

Tra questi, un giovane storico dell’antichità, Pierre Vidal-Naquet, a cui il Comité affida il compito di comporre un opuscolo che metta in luce le contraddizioni della versione ufficiale sulla presunta scomparsa di Audin.

Vidal-Naquet si mette al lavoro con assoluta acribia, convinto della necessità di applicare il «freddo» metodo della ricerca storica alla ricostruzione dei fatti («Ne vous étonnez pas de son caractère froid, “glacé” même […]. C’est une condition nécessaire à un travail historique qui doit être d’une objectivité absolue», scriverà a Josette Audin).  

L’Affaire Audin è pubblicato dalle Éditions de Minuit nel maggio 1958, meno di tre mesi dopo il memoriale di Alleg. La vicenda della pubblicazione e diffusione dei due libri è uno degli episodi più significativi di quella che la storiografia francese ha definito «guerre des éditeurs», di cui sono protagonisti editori engagés come Jérôme Lindon, François Maspero (la cui libreria a Parigi è più volte oggetto di attentati dell’OAS), Nils Andersson (Éditions de La Cité, Lausanne) e altri, impegnati ad aggirare la censura per far circolare libri e riviste di denuncia delle violenze francesi in Algeria.

La Question, diffuso in più di 60.000 esemplari, è confiscata dalle autorità militari per «participation à une enterprise de démoralisation de l’armée, ayant pour objet de nuire à la défense nationale». La stessa misura colpirà nel corso del conflitto numerose pubblicazioni, a testimonianza di quanto pericolosa appaia al governo francese la mobilitazione di quella parte del mondo della cultura, e dell’informazione, che non è disposta a restare inerte di fronte a quanto accade in Algeria.

Il ruolo dell’Italia e la nascita di un internazionalismo culturale

Di questa battaglia, tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60, l’Italia diventa un tassello strategico. Basta sfogliare quotidiani e riviste di sinistra (e non solo) per comprendere la pervasività del discorso anticoloniale mediato dalla questione algerina, che trova eco in un mercato editoriale assai ricettivo nei confronti delle novità provenienti dalla Francia. Feltrinelli, Il Saggiatore, Einaudi, Edizioni Avanti!, Lerici, Editori Riuniti, Laterza (che nel 1963 pubblica Lo Stato di tortura di Vidal-Naquet grazie all’interessamento di Giovanni Pirelli, allora tra i più attivi intellettuali pro-algerini) arricchiscono i loro cataloghi di decine di titoli dedicati alla questione algerina, e sostengono con il loro lavoro e le loro risorse i réseaux de soutien che forniscono supporto logistico ai renitenti francesi alla leva o si occupano di far transitare attraverso banche svizzere il denaro raccolto tra gli algerini del continente e destinato a finanziare la resistenza.  

Libri che incontrano difficoltà a trovare editore in Francia vengono pubblicati in Italia, in francese, e poi immessi nel mercato della Metropoli (qualcosa di simile accade, negli stessi anni, per la Spagna franchista). Nel 1961 Lerici pubblica il volume in doppia lingua Algeria torturata / Algérie torturée, con una presentazione di Azziz Izzet, il testo del Manifesto dei 121 e un’ampia documentazione fotografica. Nello stesso anno Feltrinelli pubblica in doppia versione il reportage fotografico Gli algerini in guerra / Les Algériens en guerre di Dominique Darbois e Philippe Vigneau, militanti del réseau Jeanson condannati a dieci anni di carcere: in Francia il libro è ritirato dalla circolazione su ordine del Ministero degli interni. Non è dunque un caso che Giangiacomo Feltrinelli sceglierà di inviare a Fidel Castro, come primo contatto, proprio il libro di Darbois e Vigneau.  

Nel 1962 l’editore milanese ripete l’impresa con la doppia edizione di La rivoluzione algerina. Problemi e prospettive / La révolution algérienne. Problèmes et perspectives di Francis Jeanson (1962), a testimonianza della lunga durata dei suoi rapporti con il fondatore di una delle più attive reti francesi di solidarietà, di cui già nel 1956 ha pubblicato Algeria fuorilegge, scritto insieme alla moglie Colette. 

Questi sono solo alcuni esempi di un’attività editoriale militante e solidale, specchio di relazioni transnazionali che danno forma a un nuovo internazionalismo, che affonda le radici nell’esperienza resistenziale della Seconda guerra mondiale ma inaugura la stagione politica e intellettuale della Nuova sinistra europea, e non solo. È proprio negli anni della guerra d’Algeria, infatti, che cominciano a circolare e ad agire a livello internazionale – in Europa, negli Stati Uniti, e non solo – i miti della cosiddetta Third World euphoria, che caratterizzeranno l’impegno dei movimenti politici giovanili degli anni ’60 e ’70: Patrice Lumumba, Frantz Fanon, la battaglia d’Algeri, Che Guevara, Agostinho Neto, Amilcar Cabral, la Cina maoista, le lotte per i diritti civili degli afroamericani.

A questa circolazione globale di libri, di idee e di persone, contribuiscono editori, traduttori, intellettuali e militanti, dando vita a una vera e propria opinione pubblica globale, che sfidando la censura risponde all’imperativo terzomondista – nostra patria è il mondo intero – con un impegno culturale e politico in grado di abbattere confini e costruire reti di relazioni ancora oggi sorprendenti per estensione geografica e capillarità. Una vera e propria diplomazia parallela, di cui oggi molti archivi ci restituiscono inattese e ampie tracce documentarie, permettendo alla ricerca di ricostruire quanto sia stato determinante il contributo del mondo cultura, dei suoi protagonisti e delle sue protagoniste, in momenti cruciali della storia del Novecento. 

Scopri di più con l’approfondimento di calendario civile sul 17 ottobre 1961: La notte dimenticata: il massacro degli algerini a Parigi 

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