We, the people: Stati Uniti alla ricerca dell’identità


Articolo tratto dal N. 56 di Il ritorno del re Immagine copertina della newsletter

Il 4 luglio 2026 ricorrerà il 250° della rivoluzione americana: quale sarà la parola che segnerà quella data storica nel cuore degli americani? Quale parola sarà associata al patto tra liberi del luglio 1776? 

Per chi si sente difeso e tutelato da Trump, quella parola deve esprimere il distacco da coloro che credono di essere ancora i padroni, o almeno, i condizionatori, del «destino americano». Da una parte l’Europa, avvertita come un peso da cui liberarsi, dall’altra la Cina, una minaccia da neutralizzare.

Orgoglio: non subire la Storia 

Orgoglio sarà, forse, la parola capace di radunare tutti questi significati e queste sensazioni. Nel linguaggio MAGA, orgoglio significa esser tornati «padroni a casa propria». 

Non è improbabile, che andando indietro ci sarà la rievocazione anche di un altro momento fondativo della identità americana: il Boston Tea Party ovvero il richiamo a quanto avvenne a Boston il 16 dicembre 1773 quando un gruppo di coloni indipendentisti, appartenenti al movimento clandestino dei Sons of Liberty (‘Figli della Libertà’), sale a bordo delle navi inglesi ancorate nel porto di Boston e getta in mare 342 casse di tè trasportate dalle navi. Il filo che lega queste due diverse scene è da una parte “non subire”, dall’altra appunto l’orgoglio come riscatto, come replica combattiva all’apatia indotta dall’osservanza passiva delle regole o della legge che ti vuole subordinato. 

E l’altra America? Come rispondere alla tirannide 

Forse il motore, per gli oppositori di Donald Trump, sarà la morale intransigente dell’uomo libero in tempo di schiavitù. Ovvero l’affermazione che non si è uomini se non si è liberi. Libertà soprattutto come lotta al tiranno. 

Il tiranno non lo si combatte solo opponendo forza a forza, ma sviluppando una capacità intellettiva volta a “creare politica”.  

Per questo il punto non è tanto, come definire la tirannide, ma anche, e soprattutto, come risponderle. In altre parole: come fiaccarla e rovesciarla, avendo consapevolezza del fatto che quel processo non solo è lungo, ma anche richiede un’intelligenza politica. 

Processo che non può limitarsi o risolversi nel rovesciamento del tiranno perché la tirannide non è solo potere, ma è anche costume, mentalità, che rischiano di rimanere solidi anche dopo, e dunque di perpetuarsi nel nuovo regime, e con cui, dunque, si tratta di fare i conti, contrapponendo mentalità e costume alternativi. 

Un seme che tra i padri della rivoluzione americana non era raro. Per esempio nelle riflessioni che James Madison propone nel Fedralist: nel n. 51 sul tema dei pesi e contrappesi tra i vari poteri o nel n. 48 e n. 49 dove Madison riflette su come tutelarsi contro il prepotere di un apparato di potere sugli altri.

L’identità perduta 

L’America è in cerca di sé stessa. Forse il prossimo 4 luglio questa scelta si farà più evidente proprio perché il codice generativo delle scelte è nella memoria di passato che si adotta. Da una parte la rivendicazione della rivolta per tornare ad essere se stessi senza condizionamenti; dall’altra il desiderio di futuro, per dare una nuova possibilità al patto originario. Da una parte MAGA, dall’altra le piazze di No Kings Day che abbiamo visto la settimana scorsa. 

Quale sarà, allora, la parola che nel cuore degli americani sarà associata al patto tra liberi in occasione del 250° della rivoluzione americana il 4 luglio 2026? 

La condizione al tempo presente fotografa una tendenza: celebrare la libertà di espressione e scoprirsi verticalmente divisi su che cosa significhi davvero essere liberi.