La trappola post-fascista sull’ordine pubblico 


Articolo tratto dal N. 60 di Di-segno autoritario Immagine copertina della newsletter

I recenti fatti avvenuti in alcune scuole superiori di Torino risultano paradigmatici dell’accelerazione verso il nero che caratterizza i nostri anni, sia per le ambiguità che coinvolgono partiti di governo e forze di polizia sia per la centralità politica dell’educazione in questo specifico momento. 

I volantini “contro la cultura maranza”

La mattina del 27 ottobre 2025 a Torino forze di pubblica sicurezza hanno scortato e protetto un volantinaggio di Gioventù nazionale davanti a una delle sedi dell’IIS Einstein. In una scuola considerata “di sinistra” e in cui è presente un collettivo molto attivo sono stati distribuiti volantini “contro la cultura maranza”.

Alle proteste degli studenti/sse per quella presenza sgradita sono seguiti momenti di concitazione; gli agenti sono entrati in azione in assetto da manifestazione e hanno fermato un sedicenne, portato via in manette.

Le testimonianze parlano di provocazioni da parte dei “giovani di destra”, spinte e insulti ai danni di ragazze che rifiutavano di prendere i volantini, in un clima di sconcerto e paura; cose che non risultano nei resoconti ufficiali. I disseminatori di volantini attivi nella propaganda sono adulti preparati al confronto di strada e i loro video, divenuti virali nei network di area, sono stati girati con operatori e montaggi ad hoc. 

A seguito del clamore suscitato dai fatti, e delle richieste di chiarimento in Comune, Regione e Parlamento, la direzione di Gioventù Nazionale si è dissociata dagli eventi, mentre altre fonti lo rivendicavano: la destra sembra non riconoscere i propri militanti né la propria base, i “retrobottega” di partito di cui è storicamente accertato l’uso della violenza di strada e dell’eversione, tollerato e dosato.

Allo stesso modo, sono sembrate poco convincenti le spiegazioni della presenza immediata sul posto delle forze di Pubblica sicurezza, con un dispiegamento fuori misura. Un contesto scolastico che richiede specifica sensibilità e attenzione è stato trattato come questione di ordine pubblico e generica violenza, nel più ampio scenario ideologico di allarme legato alle mobilitazioni per la Palestina e contro le guerre. 

I volantini di Gioventù Nazionale

Solidarietà contro repressione 

Lo scenario è inquietante, anche se non sorprende. C’è una regìa di provocazione e repressione, azioni organizzate dagli strateghi delle “guerre culturali” per creare casi politici in favore della propaganda populista e del protagonismo della destra locale, che li sfrutta per posizionarsi a livello nazionale e di area.

La solidarietà di studenti, docenti e associazionismo è stata immediata e ha riattivato il coordinamento tra le forze democratiche e antifasciste che sta producendo riflessione per promuovere un argine culturale contro le destre e presìdi territoriali contro intolleranza e autoritarismo, con proposte per disinnescare le provocazioni fasciste e per una più ampia mobilitazione sul tema della cittadinanza.

Mancano infatti ovunque spazi di adeguato confronto tra docenti, studenti, genitori; e mentre le scuole diventano oggetto di violenza di tipo squadrista, come a Roma o Genova, una miope opinione pubblica criminalizza l’impegno di sinistra, enfatizzandone i passi falsi dello spontaneismo, o si lagna di una generica ondata generazionale di degrado e decadenza; salvo poi difendere i nuovi (post-)fascisti sottovalutandone la pervasività e benedire la loro copertura istituzionale nel nome della libertà di espressione.

Saper riconoscere cos’è democrazia 

La campagna a Torino contro la “cultura maranza”, un pastiche in cui si sovrappongono stereotipi su “immigrati”, “baby gang”, writers e “zecche comuniste”, è una riformulazione di parole d’ordine e retoriche fascistizzanti.

Questi e simili messaggi sono stati portati nel quartiere di Barriera di Milano, etichettato con disprezzo come “problematico” (dove si intende “ad alta densità di migranti”), con intento razzista e islamofobo e sono stati rigettati da chi opera nel costruire alleanze educative.

Tale configurazione di idee si innesta su un allarme securitario e promuove censura, silenzio e autoritarismo nelle scuole, come mostrano indicazioni ministeriali e prassi di alcuni dirigenti scolastici, volte a sterilizzare la discussione con il silenzio o con una malintesa par condicio.
Il che rinforza la polarizzazione, l’immaturità, la strumentalizzazione proprio dove si dovrebbero aiutare giovani cittadini/e a crescere.

La normalizzazione delle parole d’odio è incompatibile con le finalità educative e lo spirito della Repubblica nata antifascista. Per questo vanno respinti discorsi in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà e, contro l’attitudine punitiva e repressiva, vanno promosse esperienze di impegno nel mondo studentesco, in sicurezza e attraverso un aperto dialogo, con il maggior coinvolgimento possibile.

Una questione che riguarda il confronto democratico in cui tutti i soggetti in campo, a partire dalle forze dell’ordine, devono mostrare adeguata professionalità e sapere riconoscere cosa democrazia non è.