Dici capitalismo e pensi a fabbriche, finanza e consumi. Ma quell’ordine economico e sociale ci è entrato sottopelle: un sistema ipertecnologico, capace di controllare e modellare i nostri comportamenti, le nostre emozioni e perfino la nostra idea di felicità. Non si limita a organizzare l’economia: plasma i nostri desideri, le nostre identità e il nostro modo di stare al mondo.
Basta guardarsi intorno: vite sempre più individualiste, comunità disgregate, precarietà lavorativa cronica, ansia di dover essere sempre competitivi e performanti, solitudine di massa. Ci sentiamo costantemente inadeguati e insoddisfatti, eppure continuiamo a inseguire obiettivi che non abbiamo scelto davvero.
Negli ultimi decenni sociologi e filosofi come Alain Ehrenberg, Mark Fisher e Franco “Bifo” Berardi hanno mostrato come il capitalismo agisca quasi come una religione secolare che promette libertà e successo, ma produce spesso ansia, depressione, insoddisfazione perenne e senso di fallimento. Il sistema, da un lato, coltiva la nostra ambizione narcisistica e ci spinge alla performance, in una spirale di competitività ferina con noi stessi e con gli altri; dall’altro ci lascia intendere che se non siamo felici, produttivi e vincenti, la colpa è solo nostra.
Non stupisce allora che ansia e burnout siano diventati fenomeni di massa. L’idea di dover essere sempre “imprenditori di noi stessi” ci carica di aspettative impossibili da soddisfare. La crescita economica infinita, presentata come destino naturale, diventa un dogma che non ammette défaillance: se ti senti perso, è perché non sei “abbastanza”.
Il capitalismo contemporaneo è riuscito a radicarsi così profondamente da sembrare naturale, inevitabile, “l’unico mondo possibile”. Il suo sviluppo più recente – sempre più fondato sull’idea dello sfruttamento infinito acefalo delle risorse e delle persone, su un’idea irreale di crescita e non di effettiva prosperità e benessere – ha esasperato caratteristiche dell’umano francamente dis-evolutive e autodistruttive. Siamo diventati l’unica specie sul pianeta con una spiccata tendenza all’auto-estinzione.
Questo accade perché:
- Astrazione: i suoi miti – successo, merito, autorealizzazione – si presentano come universali e indiscutibili, quasi fossero leggi naturali.
- Pervasività: ogni aspetto della vita, dal lavoro al tempo libero, è attraversato da logiche di efficienza e consumo.
- Manipolazione: ci viene fatto credere che viviamo già nel miglior sistema possibile. Se sei infelice, devi lavorare su te stesso, non cambiare il mondo.
- Identità fragili: il sistema distrugge i legami comunitari e ci spinge a costruire identità individuali spesso artificiali, legate a mode, status e appartenenze tossiche.
- Verticalità: i codici di “adeguatezza sociale” ci arrivano dall’alto – aziende, piattaforme, media – e noi li assorbiamo quasi senza rendercene conto.
L’effetto è che non stiamo bene. L’approccio e l’osservazione transdisciplinare che parte da una prospettiva naturalistica ed evoluzionistica ci dice che nella storia profonda della nostra specie ci sono degli “invalicabili” (elementi non negoziabili, impermeabili alle velleità di sfruttamento capitalistico), che in parte coincidono con il nostro fortunato repertorio originario di specie, in parte con le ragioni profonde del corpo-mente, inteso come ancoramento e strumento di connessione con l’ecosistema.
Uso del tempo, gestione del sonno, vita sociale e comunitaria, attitudine cooperativa, attitudine alla bellezza, alla creatività, esploratività giovanile, realizzazione di sé e di sé per gli altri, tutte caratteristiche specifiche della natura umana, risultano così drasticamente mortificate e sacrificate sull’altare della stabilità del sistema, sempre più disumanizzato e diseguale. Ecco, quindi, che economia psichica ed economia globale prendono strade divergenti e opposte e la salute mentale globale è in evidente discesa verticale.
Più il sistema chiede efficienza e competizione, più noi diventiamo fragili, ansiosi e infelici. La salute psichica globale peggiora mentre l’illusione di progresso avanza.