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Genova per tutti


“Genova non è mai finita. Tanti di noi si sono pure stufati di litigare e raccontare. Ma non possiamo che continuare a farlo”, scrive Zerocalcare, tra gli autori dell’antologia “Nessun Rimorso: Genova 2001-2021” (Coconino Press). Ma “se osserviamo la politica globale”, spiega il fumettista, ora “tutte le istanze dei manifestanti fanno parte di un’agenda super partes che intende contrastare il riscaldamento globale con l’attenzione al clima, all’ecologia, a nuove dinamiche di produzione” (Repubblica).

 

A vent’anni dal G8 di Genova del 2001, lavori giornalistici come il podcast “Limoni” di Internazionale o quello di Radio Rai Tre “Genova per tutti”, ripercorrono i fatti di quei giorni in cui per la prima volta nella storia il dissenso e la protesta vengono incarnati da un movimento di massa che non rivendica niente per se stesso ma chiede giustizia per tutti.

 
 

“Un altro mondo è possibile”: con quello slogan si portarono avanti temi come il cambiamento climatico, l’accoglienza dei migranti, la parità di genere, la lotta all’omotransfobia, l’abolizione del debito dei Paesi poveri. Temi ancora oggi al centro del dibattito planetario e che riguardano il diritto al futuro.

 

Quei giorni, seguiti poi dall’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre, oltre a una netta cesura tra un prima e un dopo nell’agenda politica italiana e mondiale, segnarono anche uno spartiacque esistenziale e politico che per molte e molti ha significato perdere la voce, misurarsi con la difficoltà di raccogliere l’eredità politica di quelle giornate, con la fatica di interpretare quei messaggi ecologisti, ambientalisti, pacifisti, antiglobalisti, in un senso non radicale, ma autentico e di proposta (Fondazione Feltrinelli).

 

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Archivi di storia La mattina del 19 luglio 2001 si aprirono le manifestazioni per una globalizzazione alternativa, per “un’economia umana” per dirla con le parole dell’economista Jacques Généreux pubblicate nel 2001 su Esprit. In piazza si ritrovarono attori sociali diversi, mossi da istanze variegate, ma che trovavano un punto di aggregazione nel rigettare la direzione univoca che i “grandi Paesi a capitalismo avanzato” imprimevano “all’ordine mondiale”. Nel corso di quelle giornate, quel che accadde nelle strade e nelle scuole di Genova fu presto ridotto a pura violenza. Il diritto a riempire lo spazio pubblico con il proprio dissenso si confuse con il ribellismo, e la prassi di un pezzo del movimento di allora sembrò legittimare una repressione indiscriminata da parte delle forze dell’ordine, come racconta la ricercatrice Chiara Paris.

 

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Il codice della violenza L’Ansa ha ripescato dai suoi archivi la prima notizia battuta sugli scontri: era il 20 luglio. Il titolo del lancio dell’agenzia è “Primi scontri, polizia spara lacrimogeni”. Di lì a poco arrivò la carica dei Carabinieri al corteo via Tolemaide e la morte di Carlo Giuliani (L’Espresso). E poi la violenta irruzione nella scuola Diaz, come racconta la ricostruzione audio e video fatta da Andrea Purgatori su La7. Mario Placanica, il carabiniere che uccise Carlo Giuliani, in un’intervista a InOnda ha detto: “Io sono il simbolo di quello che non deve accadere mai”.

 

Ma oggi, ha scritto Nichi Vendola sull’Huffington Post, “tornare a Genova è necessario”. Non solo per ricostruire i fatti “ben oltre l’insopportabile banalizzazione di chi spartisce colpe in parti uguali tra manifestanti e polizie”, ma anche “per cercare le tracce di qualcosa di osceno che resiste e si rinnova” in una sorta di “codice pre-democratico” di carnefici in divisa, come dimostrano i fatti delle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, incompatibili con uno stato di diritto.

 
 

Continuare a far politica

 

Se però, come scrive David Bidussa, “gran parte della riflessione pubblica si giocò già allora sulla violenza subìta e sulla libertà violata”, oggi è importante spostare il focus sul caleidoscopio di temi e di soggettività politiche che animavano il movimento del Social Forum con un’agenda politica la cui indiscutibile attualità spinge ora a chiedersi perché quella carica politica sia rimasta sottotraccia e per lo più inascoltata dalla sinistra istituzionale, che non seppe far compiere uno scarto al suo “registro mentale prima che politico”. Una sinistra di governo affascinata dall’idea della Terza via, osserva Gianfranco Bettin, e che di fatto proponeva di risolvere il dilemma socialismo-capitalismo aderendo all’opzione neoliberista e dunque non cogliendo la portata dirompente di quelle rivendicazioni.

 
 

Eppure, il primo movimento davvero globale non si è ritirato nel privato dopo le violenze di quei giorni. Come ha scritto su Left Tommaso Fattori, organizzatore del primo Forum sociale europeo del 2002, le giornate di Genova hanno determinato “una valanga di partecipazione”. 

 

I veri protagonisti di quelle giornate “non sono state né la celere di Canterini né le cabine di regia di Fini, Berlusconi e Scajola, ma le centinaia di migliaia di persone che manifestavano per un altro mondo possibile. Quelle stesse persone che sono poi tornate sui territori e hanno continuato a far politica, insieme, nei più diversi ambiti, secondo il noto slogan del movimento ‘pensare globalmente, agire localmente’”.

 

“Il futuro della sinistra cominciò a Genova”, ha detto Alexis Tsipras all’Espresso. Fino a quel momento, “i riferimenti della sinistra erano tutti nel passato. Quel G8 ha creato un campo moderno d’azione. Ha offerto alla sinistra la possibilità di parlare la lingua dei giovani e ha dato ai giovani un motivo di esistere nelle organizzazioni di sinistra”.

 

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Vent’anni dopo Come scrive Gabriele Proglio – autore de “I fatti di Genova. Una storia orale del G8” (Donzelli) – le dimensioni del conflitto erano molteplici e l’insieme dei punti di vista di coloro che parteciparono alle giornate di Genova 2001 restituisce quella grande varietà di istanze rivendicative: sviluppo contro sottosviluppo, uso equo delle risorse contro ricchezze accentrate, libertà di circolazione contro diritti esclusivi di cittadinanza, pacifismo, ambientalismo, lotte per l’autodeterminazione delle comunità oppresse.

 

Oggi, guardando ai temi che muovevano le varie anime di quella mobilitazione, è lampante la capacità del Social Forum di allora di vedere, anche in chiave sovranazionale, e anticipare istanze e problemi urgenti del mondo di oggi (Fondazione Feltrinelli). Le persone che hanno dato corpo alle “primavere arabe”, al movimento ambientalista dei Fridays For Future, al MeToo e al movimento antirazzista della rete Black Lives Matter di nuovo reclamano il diritto a un mondo diverso e la libertà di poterlo rivendicare pubblicamente oltre il veto della censura e il rischio di una repressione violenta.

 

La sfida per questi movimenti, ciò che può valere come insegnamento dall’esempio di ieri che oggi ricordiamo, è costruire una dimensione di laboratorio politico che superi la frammentarietà delle dimensioni di conflitto e sia capace di pensare in maniera progettuale un programma alternativo. “Nei giorni del G8 non eravamo nati, ma vogliamo le stesse cose”, dicono vent’anni dopo gli adolescenti maturandi della scuola Diaz, dove ancora oggi si trovano le macchie di sangue di quel luglio 2001. “Forse allora non è stata una sconfitta” (L’Espresso).

 

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T'immagini se

Abdullah Miniawy è scrittore, cantante, compositore e attore egiziano. È stato scelto dal parlamento di Strasburgo per presentare, da una prospettiva artistica franco-egiziana, le sfide cruciali di oggi all’Evento Europeo della Gioventù (EYE) che riunisce migliaia di giovani per formulare e condividere le loro idee di futuro.

Il documentario The Art of Protest vuole raccontare le azioni di resistenza nella storia dell'arte. È stato prodotto nel 2020 da INDECLINE, un collettivo artistico fondato nel 2001, composto da graffitiwriters, registi, fotografi e attivisti che si concentra sulle ingiustizie sociali, ecologiche ed economiche perpetrate dai governi americani e internazionali, dalle corporazioni e dalle forze dell'ordine.

Guarda il video | Bandabardò, Fine delle danze

Genova, luglio 2001, G8

Il nostro futuro di 20 anni fa, il nostro futuro di oggi

lunedì 19 luglio, ore 19.00
Genova, Ostello Bello, Via Balbi 38/a

 

A 20 anni dalle manifestazioni contro il G8, cosa conserviamo dei temi che erano al centro della presenza dei movimenti a Genova in quei giorni: la questione della sostenibilità, la necessità di un nuovo modello di sviluppo, il tema dell’equità, la libertà di movimento?

Oggi come allora, le nuove generazioni reclamano a gran voce il proprio diritto al futuro.

 

Ne parliamo con:

Gabriele Proglio - storico, Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, autore de “I fatti di Genova”

Martina Comparelli - attivista e portavoce Fridays For Future

Gaia Benzi - redattrice di Jacobin Italia e co-traduttrice del “Manifesto della cura”

Massimo Acanfora - giornalista di Altreconomia, autore ed editor

Sara Prestianni - responsabile migrazione e asilo EuroMed Rights

Gianfranco Bettin - politico e scrittore (in collegamento)

Modera:

Andrea Castanini - Vicedirettore Il Secolo XIX

Q&A

Giovanni Giaccone - Direttore Goodmorning Genova

 

L’incontro si potrà seguire anche in streaming sulla pagina Facebook e il sito della Fondazione.

 

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Diario di bordo


Su questi temi, riproponiamo l'iniziativa pubblica

Tassare i capitali

 per il ciclo 

There Is (No) Alternative

con Manon Aubry Capogruppo GUE/NGL al Parlamento Europeo e James K. Galbraith University of Texas per parlare di tassazione dei capitali.

Modera Paola Nania di Radio Rai 1

Guarda il video | Tassare i capitali

 
 
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Credits
La newsletter di questa settimana è a cura di 
Chiara Paris

Supervisione editoriale
Caterina Croce
La rubrica T'immagini se è a cura di
Manuela Barone
Supervisione tecnica
Andrea Montervino
Coordinamento giornalistico
Good Morning Italia

 

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