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Climate
Acqua, vento e fuoco: è una vera apocalisse climatica quella che sta solcando le Americhe (Repubblica). Se a Sud ci sono gli uragani, a Nord le criticità interessano le alte temperature. Oltre 130 incendi sono scoppiati nel Canada occidentale, a causa di un’ondata di calore senza precedenti che ha registrato i 49 gradi centigradi, distruggendo intere cittadine e costringendo migliaia di persona a lasciare le proprie case (Cnn). E nel British Columbia, il caldo e le temperature record hanno provocato la morte di più di 500 persone (Guardian).
Disastri naturali, ma sono disastri dovuti in larga parte ai cambiamenti climatici. L’utilizzo intensivo del suolo, le emissioni di Co2 e altre attività umane hanno avuto un impatto continuo sugli eventi atmosferici del pianeta, diventando un fattore scatenante di precipitazioni estreme e altri eventi disastrosi (Wired). Senza contare i danni ambientali causati direttamente dall’inefficienza e dall’incuria dell’uomo. In Messico, una fuoriuscita di gas da una tubatura sottomarina ha causato un incendio al largo della penisola dello Yucatan (Reuters). In Russia, lo scorso anno è stato dichiarato lo stato di emergenza dopo che la compagnia di metalli pesanti Norilsk Nickel ha sversato più di 20mila tonnellate di combustibili diesel e lubrificanti (Repubblica). In Israele una fuoriuscita di petrolio in mare aperto ha fatto depositare almeno mille tonnellate di bitume sulle coste del Paese (Post). Ancora, recentemente in Sri Lanka sono state sversate in mare 330 tonnellate di petrolio dal container MV X-Press Pearl (La Stampa). E guardando sul lungo periodo, tra le vittime dei disastri ambientali bisogna contare anche quelle spesso “dimenticate” che subiranno gli effetti futuri dei cambiamenti climatici, ovvero i profughi ambientali (Weforum).
All we need is will
Di fronte a questo quadro, non si riesce forse a comprendere fino in fondo la gravità dei fenomeni. Perché, se la capissimo fino in fondo, la consapevolezza dovrebbe avere un impatto immediato sul nostro comportamento e sulle nostre decisioni, osserva Andri Snær Magnason, ospite di Fondazione Feltrinelli. Non solo per i costi sociali e ambientali che il cambiamento climatico comporta, ma anche per quelli economici. Negli ultimi 50 anni, l’impatto economico degli eventi estremi si è moltiplicato a causa di un aumento sostanziale nei danni causati da ciascuno di questi disastri, aggiungendo ogni anno milioni di dollari di spesa in più (Santannadipisa). Con l’obiettivo di produrre politiche di contrasto più concrete rispetto al passato, in vista della Cop26 di Glasgow di novembre, i partner del G7 hanno firmato un impegno congiunto per l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 e per “mantenere alla portata l’aumento della temperatura di 1,5 gradi” (La Nuova Ecologia).
I leader hanno concordato inoltre una programmazione volta a incanalare ingenti risorse nelle infrastrutture verdi, anche se non si conoscono i dettagli né sono stati presentati piani concreti per l’innovazione verde (Euractiv). Gli Stati Uniti di Joe Biden intanto sono rientrati negli accordi di Parigi sul clima puntando all’abbattimento delle emissioni del 50% (Axios), il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato che Pechino punta alla decarbonizzazione entro il 2060 (Brookings). E la transizione ecologica è uno dei pilastri del programma per il rilancio europeo Next Generation Eu (GreenReport). Ora più che mai, affrontare i cambiamenti climatici è diventato un affare di politica e di comunicazione, più che di scienza e ambiente in senso stretto (Reuters). Servono idee e risorse da mettere in pratica velocemente, anche considerando il grande supporto che imprese e start up possono dare (Steptechpark). In altre parole, serve un cambio di passo immediato, una rivoluzione sociale, economica e produttiva (FattoQuotidiano).
Giustizia verde
A chiedere un cambio di passo nel modello produttivo e a mettere in correlazione l’estrattivismo e la giustizia climatica e ambientale sono in primis molte popolazioni indigene. La marcia “Stop Terricio!”, ad esempio, è un cammino di emancipazione per denunciare lo stato di violenza verso la natura, le popolazioni indigene e le donne in Argentina (Osservatoriodiritti). Accanto a marce di protesta, nel mondo si stanno moltiplicando anche le cause legali legate al clima (Repubblica). Quello delle climate change litigation infatti è un filone del diritto ambientale che, negli ultimi anni, sta vivendo una rapida espansione (IlBolive). Ma non solo imprese e singoli individui, anche gli Stati ora vengono trascinati alla sbarra dei tribunali, come stanno cercando di fare decine di associazioni riunitesi nella causa “Giudizio Universale” contro lo Stato Italiano per il diritto umano a un clima stabile e sicuro (GiudizioUniversale). In generale, per la prima volta nella storia è l’ambiente a essere riconosciuto come soggetto di diritto, da una parte chiedendo l’istituzione nei vari ordinamenti giuridici del reato di ecocidio (Economist), dall’altra avanzando la proposta di una Corte Internazionale per l’ambiente (Ibanet), fino ad arrivare a considerare fiumi, animali e territori come “persone giuridiche” (Huffingtonpost). Ma il fronte della giustizia ambientale accende un faro anche sulla equa distribuzione dei rischi e dei benefici della transizione verde sulla popolazione (Scienzainrete).
E in vista del G20 dei ministri dell’Ambiente che si terrà a Napoli il 22 e 23 luglio, nel capoluogo campano è stata lanciata la mobilitazione dell’Ecosocial Forum. “Mentre i programmi di abbattimento della Co2 vengono sempre più diluiti fino a diventare totalmente irrealistici, mentre nuove forme di sfruttamento dei territori si travestono in ‘svolta green’, alla distruzione delle condizioni di sopravvivenza della nostra specie e di molte altre potrebbero mancare solo pochi decenni”, ricordano. “Visto da sud è ancora più chiaro il legame tra giustizia sociale e giustizia ambientale” (Corriere del Mezzogiorno).
T’immagini se Rompere il ghiaccio, performance teatrale di Filippo Andreatta ricostruisce la storia del ghiacciaio Gräfferner. Cosa succede se un ghiacciaio che delimita il confine tra due stati si scioglie progressivamente fino a non coincidere più con la realtà del tempo in cui la demarcazione era stata segnata? Carolina Caycedo unisce nella sua pratica artistica performance, disegni, fotografie e video. Vuole contribuire con il suo lavoro alla costruzione della memoria storica ambientale come elemento fondamentale per la non ripetizione della violenza contro entità umane e non umane, generando un dibattito sul futuro in relazione a beni comuni, giustizia ambientale, giusta transizione energetica e biodiversità culturale. Guarda il video | Xiuhtezcatl - Take It All Back
Diario di bordo Su questi temi, proponiamo l'iniziativa pubblica andata in onda il 12 giugno 2021 sui canali digitali della Fondazione
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